Back

LEGITTIMAZIONE AD IMPUGNARE DEL SINGOLO CONDOMINO (CASS, SEZ. UN., 18 APRILE 2019, N. 10934)

Corte di cassazione, sez. un., 18 aprile 2019, n. 10934 (legittimazione del singolo condomino ad agire anche nell’interesse comune – soggettività giuridica del condominio)

E’ ammissibile l’impugnazione, da parte del singolo condomino, della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’intero condominio, nonostante la mancata impugnazione da parte dell’amministratore e senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini non appellanti (o non ricorrenti), nè intervenienti, e senza che ciò determini il passaggio in giudicato della sentenza di primo (o di secondo) grado nei confronti di questi ultimi.

 

Le Sezioni unite hanno confermato l’indirizzo tradizionale, confinando la posizione di Cass., sez. un., 19663/14 (sulla soggettività giuridica del condominio) alle sole controversie in materia di indennizzo da irragionevole durata del processo.

Di seguito le argomentazioni

Omissis…

2) L’ordinanza di rimessione n. 27101/17 dubita della ammissibilità del ricorso incidentale tardivo della condomina, che non era stata parte nei gradi di merito.
Essa ricorda che secondo un insegnamento tradizionale, documentato dai precedenti ivi citati, è stata costantemente reputata ammissibile “l’impugnazione, da parte del singolo partecipante, della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’intero condominio, sull’assunto che il diritto di ogni partecipante al condominio ha per oggetto le cose comuni nella loro interezza, non rilevando, in contrario, la circostanza della mancata impugnazione da parte dell’amministratore, senza alcuna necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini non appellanti (o non ricorrenti), nè intervenienti, e senza che ciò determini il passaggio in giudicato della sentenza di primo (o di secondo) grado nei confronti di questi ultimi”.
Le perplessità della Seconda sezione sono state indotte dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 19663/2014, con la quale si è stabilito che la legittimazione ad agire per l’equa riparazione spetta esclusivamente al condominio, in persona dell’amministratore, autorizzato dall’assemblea dei condomini.
La sentenza citata, chiamata a pronunciarsi sulla sussistenza della legittimazione ad agire del singolo condomino per conseguire l’indennizzo ex L. n. 89 del 2001 in controversia in cui era stato parte il solo condominio, ha sviluppato due ordini di considerazioni. Una prima linea di ricerca volta ad individuare la configurabilità in capo al condominio di una “soggettività giuridica autonoma”; la seconda intesa a verificare quale sia stato il trattamento riservato dalla legge e dalla giurisprudenza ad altre situazioni di soggetti collettivi in riferimento al diritto di cui sopra.
Sotto il primo versante le Sezioni unite 19663/14 hanno verificato che anche con la riforma dell’istituto condominiale di cui alla L. n. 220 del 2012 è stato escluso il “riconoscimento della personalità giuridica” del condominio, pur avendo esse rintracciato elementi che “vanno nella direzione della progressiva configurabilità in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica”. Hanno dato conto della giurisprudenza che fa salvo il diritto dei singoli condomini di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale. Hanno preso atto della acuta distinzione giurisprudenziale con riguardo alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un bene comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale o l’esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino, controversie per le quali non trova applicazione la salvaguardia dei poteri processuali del singolo (di agire, intervenire, impugnare) in difesa dei diritti connessi alla sua partecipazione.
Infine le Sezioni Unite del 2014 si sono spinte a registrare che questa impostazione “entra in crisi” in relazione alla crescente configurabilità del condominio come “centro di imputazione di interessi, di diritti e doveri, cui corrisponde una piena capacità processuale”.
2.1) Posta questa base ricognitiva circa la possibilità che in relazione a talune situazioni giuridiche il condominio si atteggi come autonomo soggetto giuridico, il secondo versante della sentenza è risultato decisivo in ordine alla legittimazione dei singoli circa i procedimenti relativi all’equa riparazione. Si è concluso, grazie a una puntuale analisi del rapporto tra diritto all’indennizzo ex L. n. 89 del 2001 e formale assunzione della qualità di parte processuale nel giudizio presupposto, che in assenza di quest’ultima non sorge il diritto del condomino a pretendere “il diritto alla equa riparazione per la durata irragionevole di detto giudizio”.
Secondo i primi commentatori, nonostante le aperture manifestate verso l’estensione della soggettività condominiale, la sentenza qui riassunta, che pure registra un inizio di crisi del sistema, è rimasta nel solco della “impostazione tradizionale”. Questa condivisibile lettura sorregge il convincimento odierno che la portata di SU 19663/14 vada circoscritta alla peculiare situazione giuridica esaminata, cioè a quel diritto all’equa riparazione regolato dalle disposizioni sovranazionali prima ancora che da quelle nazionali di impronta applicativa. A questo complesso normativo la sentenza del 2014 ha infatti prestato speciale attenzione.
3) Quanto alla impostazione tradizionale, va subito detto che essa valorizza l’assenza di personalità giuridica del condominio e la sua limitata facoltà di agire e resistere in giudizio tramite l’amministratore nell’ambito dei poteri conferitigli dalla legge e dall’assemblea e per questa via giunge ad attribuire ai singoli condomini la legittimazione ad agire per la tutela dei diritti comuni e di quelli personali.
Dello stesso segno è la giurisprudenza successiva a SU 19663/14, giurisprudenza che ha continuato a ritenere che nelle controversie aventi ad oggetto un diritto comune, l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, nè di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore (cfr, anche argomentando a contrario, Cass. 29748/17; n. 1208 del 18/01/2017; n. 26557 del 09/11/2017, Rv. 646073; n. 22856/17; n. 4436/2017; n. 16562 del 06/08/2015; 10679/15).
3.1) Questo orientamento, salvi i poteri di rappresentanza dell’amministratore di cui all’art. 1131 c.c., trova il suo perdurante ancoraggio nella natura degli interessi in gioco nelle cause, come quella odierna, relative ai diritti dei singoli sulle parti comuni o sui propri beni facenti parte del condominio.
Una volta riscontrato che il legislatore ha respinto in sede di riforma dell’istituto – lo testimonia il confronto tra testo provvisorio e testo definitivo della L. n. 220 del 2012 – la prospettiva di dare al Condominio personalità giuridica con conseguenti diritti sui beni comuni, è la natura dei diritti contesi la ragione di fondo della sussistenza della facoltà dei singoli di affiancarsi o surrogarsi all’amministratore nella difesa in giudizio dei diritti vantati su tali beni.
Sebbene la riflessione corrente e anche la massimazione delle sentenze più rilevanti in argomento giungano all’affermazione dei poteri processuali dei singoli condomini muovendo dalla formula descrittiva di successo secondo cui il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, e dall’analisi dei poteri dell’organo rappresentativo unitario (amministratore), si può osservare che questi rilievi valgono solo ad escludere che da queste fonti (natura del condominio e poteri dell’amministratore) derivino limiti alle facoltà dei singoli.
La ratio dei poteri processuali dei singoli condomini risiede tuttavia – è possibile coglierlo nella giurisprudenza più risalente – nel carattere necessariamente autonomo del potere del condomino di agire a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota”, e di resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio (Cass. 8479/99).
Si diceva infatti – non a caso – che è il diritto dell’amministratore che si aggiunge a quello dei naturali e diretti interessati ad agire per il fine indicato a tutela dei beni dei quali sono comproprietari, insidiati da azioni illegittime di altri condomini o di terzi (Cass. n. 11106 del 12/12/1996; 9629/91).
Nè potrebbe essere diversamente, poiché: a) si discute di diritti reali; b) sussistono molteplici realtà condominiali in cui non è imposta obbligatoriamente la nomina di un amministratore (art. 1129 c.c., comma 1); c) difetta una precisa scelta del legislatore che investa esplicitamente ed esclusivamente il condominio (e il suo amministratore) del potere di difendere le parti comuni (e i riflessi sulla proprietà dei singoli).
Tale scelta non è allo stato rinvenibile ed anzi il quadro normativo di riferimento evidenzia, come nota la dottrina a commento di SU 19663/14, la complessità della “dialettica tra interesse condominiale ed interesse del singolo condomino”, che si pone talvolta in termini di “reciproco contemperamento” talaltra in termini di contrapposizione o “di prevalenza dell’uno sull’altro”. Basti qui ricordare che anche il nuovo art. 1117 quater c.c., in tema di tutela delle destinazioni d’uso, non solo non esclude ma addirittura contempla esplicitamente un potere di iniziativa dei singoli condomini.
4) Il mantenimento della tradizionale facoltà dei singoli condomini è coerente con alcuni insegnamenti in materia provenienti dalle Sezioni Unite.
Occorre richiamare Cass. SU 18331 (e 18332) del 2010, la quale ha configurato i poteri rappresentativi processuali dell’amministratore coordinandoli, per subordinazione, con quelli dell’assemblea. Si è in quell’occasione chiarito che il potere decisionale in materia di azioni processuali spetta “solo ed esclusivamente all’assemblea” che può anche ratificare ex tunc l’operato dell’amministratore, “organo meramente esecutivo” del condominio”, che abbia agito senza autorizzazione.
Al di là dell’ambito di applicazione di questa pronuncia, che non è qui necessario indagare, mette conto evidenziare che allorquando si sia in presenza di cause introdotte da un terzo o da un condomino che riguardino diritti afferenti al regime della proprietà e ai diritti reali relativi a parti comuni del fabbricato, e che incidono sui diritti vantati dal singolo su di un bene comune, non può negarsi la legittimazione alternativa individuale.
Non sarebbe concepibile la perdita parziale o totale del bene comune senza far salva la facoltà difensiva individuale.
Le Sezioni Unite con la sentenza 25454 del 2013 relativa ad azione di un condomino volta all’accertamento della natura condominiale di un bene hanno già avuto modo di affermare, con un esame approfondito della questione, che occorre integrare il contraddittorio nei riguardi di tutti i condomini qualora il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva formulando un’apposita domanda riconvenzionale volta ad ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato che mette in discussione la comproprietà degli altri soggetti (più di recente v. Cass. n. 6649 del 15/03/2017).
Altrettanto vale allorché vi sia espressa azione in tal senso contro il condominio o qualora l’amministratore condominiale introduca un’azione che esula dalle attribuzioni conferitegli dall’art. 1130 c.c. e dalla sfera di rappresentanza attribuitagli dall’art. 1131 c.c., come nel caso di una domanda diretta alla declaratoria di esistenza di una servitù di passaggio su fondo limitrofo, la quale introduce una controversia concernente l’estensione del diritto di ciascun condomino in dipendenza dei rispettivi acquisti (così Cass. 12678/2014 in Arch. Loc., 2014, 546).
Se è configurabile il litisconsorzio necessario in questi casi, non può dubitarsi che per il singolo condomino sussista l’interesse ad agire o a resistere – e quindi la facoltà di affiancarsi all’amministratore per far valere in sede processuale le ragioni del condominio – ogniqualvolta la contesa involga la consistenza dei beni comuni.
La regola sulla rappresentanza di cui al 1131 c.c. ha il fine di agevolare l’instaurazione del contraddittorio, dal lato attivo e passivo, e va letta dunque alla luce del predominante potere assembleare nella vita del condominio e della titolarità dei diritti controversi.

Omissis…

FILE DELLA SENTENZA:Corte di cassazione, sezioni unite 15 novembre 2018 n. 51815